A Caldarola: la terra dei castelli

May 13, 2006, 5:52 pm


Prosegue il nostro viaggio nell’entroterra maceratese, ancora guidati dal giovane Daniele di Massaprofoglio. Dopo Muccia, Cessapalombo e Visso, stavolta facciamo tappa a Caldarola, dialettalmente detta “Callarola“. Il comune deve il suo nome con molta probabilità, al termine latino calidarium con il quale si indicava la stanza con la vasca di acqua calda delle terme, la zona sarebbe stata infatti ricca di acque solfuree che un tempo sgorgavano da colle Garufo o Carufo. Altri studiosi ritengono che il nome derivi da “caldaia”, in riferimento alla conformazione del suolo nel senso di “conca“, “avvallamento“.
La tradizione locale fa risalire le origini del paese al IV secolo d.C., quando un gruppo di cristiani, sfuggiti alle persecuzioni, giunto sul Colle del Cuculo edificò un primitivo centro urbano. La presenza nel circondario di Caldarola di alcuni castelli e borghi medioevali giustifica la scritta, posta all’ingresso della città: “Caldarola, terra di castelli”. Mura merlate e alte torri segnalano la parte più alta del suo centro storico. La storia di Caldarola è ricca di eventi e di personaggi illustri. Dopo l’anno 1000, il territorio appartenne prima a Matilde di Canossa, poi al Papato, ai marchesi d’Este e ai Varano finché, agli inizi del ‘400, non conquistò l’indipendenza. Ma il periodo di maggior splendore venne alla fine del ‘500, ad opera del cardinale Evangelista Pallotta, che rifondò l’impianto urbanistico della città, fece costruire Palazzo Pallotta, la contigua Collegiata di San Martino, la chiesa di San Gregorio, il Palazzo dei Priori e quello dei Podestà; inoltre ingrandì e abbellì il castello di famiglia. Da modesto castrum medioevale, Caldarola divenne una spaziosa cittadina rinascimentale. La diretta soggezione alla Chiesa del comune di Caldarola perdurò fino al 1799, anno in cui il dominio pontificio fu abbattuto dalla Rivoluzione francese. Terminata la parentesi napoleonica il paese ritornò allo stato Pontificio fino al 1861, anno in cui la terra marchigiana venne annessa al Regno d’Italia. Il territorio di Caldarola è sicuramente uno tra più significativi ed importanti della provincia maceratese per la sua ricchezza di luoghi e di storia. Cosa visitare giunti a Caldarola? seguiteci. Iniziamo dal Castello Pallotta, una data vicina per visitare il centro potrebbe essere domenica 21 maggio in occasione del Calendimaggio.

Il castello Pallotta a Caldarola

Il castello dà un volto inconfondibile a tutto il paese. Esso appare per la prima volta in un documento dell’anno 875 con il quale l’imperatore Ludovico II lo assegnava al monastero abruzzese di San Clemente. Una modifica radicale la subì verso la fine del ‘500 quando il cardinale Evangelista Pallotta lo trasformò in dimora estiva. Le visite più onorifiche al castello furono quelle di papa Clemente VIII nel 1598, del cardinale Casimiro futuro re di Polonia nel 1644 e di Cristina di Svezia nel 1666 che vi soggiornò, in una sosta durante il viaggio per recarsi al santuario di Loreto (AN). Nel castello, posto alle falde del monte Colcù, si entra attraverso Porta Camerte chiusa da un massiccio portone. Superato il primo cortile, ci si trova in un atrio piuttosto buio; a sinistra in un grazioso vestibolo, si può ammirare un affresco datato 1485 attribuito da alcuni a Nobile da Lucca e da altri a Lorenzo D’Alessandro. A destra invece, resti di mura facenti parte della primitiva struttura. Nel castello si possono visitare diversi ambienti come la sala delle carrozze, delle sellerie (con abiti da cocchiere, livree, vesti cardinalizie) e delle armi. In questa sala, in bella evidenza, vi è la tela raffigurante la battaglia di Brindisi del 1296 durante la quale si distinse Guglielmo Pallotta che difese il ponte contro i francesi usando quale arma un flagello a palle snodate che darà poi l’idea per lo stemma della famiglia.

Attraverso il ponte levatoio si entra nel parco dove giganteggia un pino che è tra i più vecchi della regione e che fu fatto piantare nel 1598 a ricordo della visita di papa Clemente VIII. Discendendo per ombrosi tornanti, si raggiunge Porta Orientale con relativa casa di guardia. Ritornati nell’atrio, una scala porta alle sale del piano nobile; gli stemmi affrescati lungo le pareti si riferiscono alle città delle quali la famiglia Pallotta ebbe diplomi di cittadinanza e patriziati. Dirigendosi verso destra si va nella sala da pranzo nella quale è conservata una ricca collezione di ceramiche del ‘700 e cristalli di Boemia. Attraverso uno stretto corridoio si passa nella cucina dove sono custoditi piatti, utensili, vasellame.

All’interno delle sale si possono ammirare gli stemmi delle famiglie dalle quali provenivano le spose di casa Pallotta. Tra gli altri spicca quello di Margherita d’Aquino, nipote di San Tommaso, che nel 1281 andò sposa a Guglielmo Pallotta. L’ampio salone della bliblioteca ha il soffitto a cassettoni lignei ed è ornato da un grande camino e da quattro portali in pietra gessata sui quali sono riportati gli stemmi di famiglia. Adiacente a questo salone vi è una cappellina con arredi sacri d’epoca. Attraverso la sala degli ospiti ed il salotto giallo, si passa nella camera da letto dove fa bella mostra di sè un “trumeau” francese del 1600. Le decorazioni di queste sale sono dei de Magistris, artisti nati a Caldarola. Verso la metà del secolo scorso il conte Giuseppe fece costruire, con gusto rinascimentale, un cortile nel quale sopra ad un muretto posto al termine di una scalinata poggiano i busti di Dante, Petrarca, Tasso, Ariosto. Da qui si sale verso il cassero (un tempo raggiungibile anche a mezzo di un passaggio sotterraneo) che è la parte più imponente di tutto il complesso castellare, con la torre che raggiunge i 22 metri di altezza.

Castello di Croce

La fortificazione del Castello di Croce è “varanesca” e difendeva il lato Sud ed Est del colle. La cortina di levante e’ la più gigantesca dei castelli della zona. Al centro si trova la porta d’ingresso ad arco acuto che immette in un cortiletto con cisterna. La parte a sud e’ occupata dalla chiesa, forse ricavata posteriormente.La chiesa ha soffitto a capriate e cinque altari in legno dorato con colonne che incorniciano le tele. Tra il ‘400 ed il ‘500 si riempi’ di suppellettili di gran gusto.Nobile da Lucca lascio’ qui il grosso del suo repertorio tra cui la Tavola dell’altare maggiore raffigurante la Vergine in trono con Bambino e Santi, due pannelli alle pareti con Santi;la Pietà’ a forma di lunetta. Andrea De Magistris affresco’ la Santa Lucia nella nicchia di sinistra e la Madre con Bambino nella parete di fondo. Simone De Magistris dipinse i santi Antonio e Venanzio, a sinistra del presbiterio, mentre gli affreschi nelle nicchie sono attribuiti a Federico De Magistris. Annibale Mancini ai primi del ‘600 firmo’ la tela con la Vergine e Santi, sotto la cantoria. Nella sacrestia e’ conservato un ciborio a muro che poteva far parte della cappellina castellare. Di notevole interesse il Cristo Morto (m. 1,20) del 1400, posto sotto l’altare, ed il rude e maestoso Sant’Antonio Abate.

Altri luoghi che meritano una sosta a Caldarola sono la Collegiata di San Martino inaugurata nel 1590 con bolla di Sisto V che la elevò a collegiata insigne e il Santuario di Maria SS.del Monte un’ opera voluta dal popolo stesso. Di loro, di altri monumenti e opere d’arte da visitare nei dintorni di Caldarola, parleremo la prossima volta.

Fonte: Caldarola.sinp.net

by giovi


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Giovi, Matteo Zallocco

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